Leonardo Sciascia vent'anni fa

a cura di Valter Vecellio (Notizie Radicali)

La rivoluzione c'è

Napoleone un’intervista impossibile

 

Nel 1982 Leonardo Sciascia scrisse una “intervista impossibile” a più voci per la RAI-TV. All’immaginario talk show partecipano Napoleone Bonaparte, Chateaubriand, Savinio e un giovane d’oggi. Di questo testo in televisione non se ne fece niente e nel gennaio del 1989, dieci mesi prima che lo scrittore morisse, la pièce fu pubblicata dall’Espresso in un suo supplemento dedicato al bicentenario della Rivoluzione Francese; successivamente in “Leonardo Sciascia – La memoria il futuro”, a cura di Matteo Collura, almanacco Bompiani, 1999.

 

PRESENTATORE Signore e signori, dame e gentiluomini, femministe e femministi, uomini d’ordine ed eversori, terroriste e terroristi d’ogni terrore, mafiosi, brigatisti, camorristi, artisti d’ogni tendenza, letterati con lettere e letterati “sanza lettere”, uomini dei campi - se ancora ce ne sono - e uomini delle officine - anche se in cassa d’integrazione tra qualche momento sarà tra noi, con voi, un personaggio che tutti conoscete e che - ne siate o no consapevoli - ardete dal desiderio di conoscere meglio; un personaggio che si nasconde in una piccola nicchia della vostra mente, del vostro cuore minuscolo come un soldatino di piombo… Ecco un soldatino appunto, ma subito riconoscibile anche dentro una numerosa collezione di soldatini perché un po’ più piccolo degli altri e un po’ più in età; per la sagoma minuta e al tempo stesso grave, appesantita; per un suo atteggiamento che pittori e poeti hanno reso famoso…

Questo personaggio è nato nell’anno 1769, il giorno 15 del mese di agosto.

Tenete mente alla data di nascita non solo per cavarne il diletto di un oroscopo retrospettivo, visto che ormai di oroscopi ci dilettiamo anche oltre il diletto, quasi nella sola fede che ci conforta, ma anche tenendo conto dello scherzo che Stephen Vincent Benét, scrittore del nostro tempo, ha giocato al personaggio con cui stiamo per intrattenerci.

Lo scherzo s’appartiene alla sfera dell’ucronia, che è a sua volta un più vasto scherzo inventato - crediamo - da Pascal e consiste nel vedere la storia discendere dalle cose che potevano essere e non sono state invece che da quelle che sono state.

Se il naso di Cleopatra fosse stato più lungo di pochi millimetri - si domandava Pascal - quale sarebbe stata la storia del mondo? E che cosa sarebbe stato il nostro personaggio se invece che il 15 agosto del 1769 fosse nato il 15 agosto del 1749?

Benét risponde che sarebbe stato un semplice ufficiale di artiglieria che, faticosamente arrivato al grado di maggiore nell’esercito di Luigi XVI, si sarebbe ritirato in un desolato paese di provincia e avrebbe passato il suo tempo rifacendo in casa, sulle carte, battaglie già avvenute e dando loro - grazie ad ardite manovre e ad un rivoluzionario impiego delle artiglierie - esito diverso da quello che effettivamente avevano avuto. Una grama e maniacale esistenza, insomma.

Ma questo scherzo ci invoglia a una prosecuzione e se fosse nato nel 1789, e cioè vent’anni dopo, e cioè l’anno della rivoluzione, che cosa sarebbe stato Napoleone Bonaparte? Sarebbe stato - crediamo - quel che da giovane e per l’intera sua vita sognò di essere scrittore.

 

SAVINIO Napoleone diventò quello che tutti sanno, ma non riuscì a diventare quello che nel suo intimo desiderava un letterato. Comincia a quindici anni, per non dire dei tentativi precedenti, con una specie di memoriale giovanile (curiosa l’analogia col “memoriale” della fine) intitolato Tappe della mia vita. Più tardi scrive una Storia della Corsica in forma epistolare. Scrive La lettera a Buttafuoco. Scrive un piccolo romanzo Clisson et Eugénie. Scrive un dialogo Le souper de Beaucaire. E quando non scrive si propone di scrivere, come nel proclama ai soldati dopo Waterloo “Se ho consentito a sopravvivere, è per servire ancora al vostra gloria. Scriverò le grandi cose che abbiamo compiute assieme”.
E quando non scrive egli stesso, fa scrivere ad altri, come a Sant’Elena. In una confessione sincera dei suoi desideri riposti, Napoleone avrebbe scambiato Arcole, Wagram, Austelitz per un’opera letteraria che sfidasse i secoli, pari a quelle dei grandi autori che egli tanto amava…

 

NAPOLEONE Signor di Chateaubriand! (Imperiosamente). Signor di Chateaubriand! (Quasi implorante) Non viene mai. Forse si vergogna di non essere venuto a Sant’Elena; e specialmente da quando è arrivato André Malraux, che glie lo rimprovera.

 

CHATEAUBRIAND André Malraux commette l’errore di scambiarvi col generale De Gaulle. Se continuate a sentirlo, finirete con lo sdoppiarvi sarete anche De Gaulle. O meglio sarà De Gaulle ad essere voi… Comunque eccomi qui.

(Rivolto agli spettatori) Nell’etere in cui voi vagate e ci costringete a vagare, con questo strumento dell’intelligenza che sta diventando un mostro moltiplicatore della stupidità umana, i richiami sono irresistibili e obbliganti… Eccomi dunque a voi – (Verso gli spettatori) e voi…

 

NAPOLEONE Signor di Chateaubriand! (Con tono di cordiale rimprovero) No, non è per rimproverarvi di non essere venuto a Sant’Elena che vi voglio qui – anche se, scritto da voi il memoriale… Ma lasciamo andare a me basta quella pagina delle vostre Memorie d’oltretomba del giorno in cui sono stato sconfitto a Waterloo. E’ una grande pagina, la più grande e ardua confessione che un uomo, uno scrittore, abbia mai fatta…(Al presentatore) Volete avere la bontà di leggerla?

 

PRESENTATORE Il 18 giugno, verso mezzogiorno, uscii da Gand per la via di Bruxelles andavo a terminare la mia passeggiata solitaria sulla strada carraia.
Avevo con me i Commentari di Giulio Cesare e , immerso nella lettura, camminavo lentamente. Ero a più di una lega dalla città, quando credetti di udire un rombo sordo mi fermai e guardai il cielo coperto di nuvole, incerto se proseguire o tornare verso Gand, nel timore di un temporale. Stetti in ascolto ma non udii che lo strido di una gallinella fra i giunchi e il suono di un orologio da un sobborgo. Continuai il mio cammino non avevo però fatto trenta passi che il rombo ricominciò… Mi trovavo davanti a un pioppo piantato all’angolo di un campo di luppolo. Attraversai la strada e mi appoggiai in piedi al tronco dell’albero, col viso rivolto a Bruxelles. Il vento del sud, che si era levato in quel momento, mi recò più distinto il rumore dell’artiglieria.
Questa grande battaglia, ancora senza nome, di cui udivo gli echi ai piedi di un pioppo, e per cui un orologio di sobborgo aveva suonato i rintocchi funebri, era la battaglia di Waterloo! Ascoltatore silenzioso e solitario, io ero più commosso che se mi fossi trovato nella mischia lì, il pericolo, il fuoco, l’incalzare della morte non mi avrebbero lasciato il tempo di meditare; ma così solo, sotto un albero, come il pastore delle greggi che mi passavano intorno, mi sentii oppresso dal peso delle riflessioni. Quale battaglia si svolgeva? Era definitiva? Napoleone vi era in persona?… Benché un successo di Napoleone mi avrebbe arrecato un esilio perpetuo, in quel momento il pensiero della patria vinceva tutti gli altri i miei voti erano per l’oppressore della Francia…”

 

NAPOLEONE Signor di Chateaubriand avete pregato per la mia vittoria?

 

CHATEAUBRIAND Sì, ho pregato.

 

NAPOLEONE E avete pregato soltanto per la Francia? Non avete pregato anche per la rivoluzione?

 

CHATEAUBRIAND Non eravate più la rivoluzione.

 

NAPOLEONE Lo ero ancora e voi avete pregato per la mia vittoria nella paura che la Francia della restaurazione, l’Europa della restaurazione, non sarebbero più state quelle della rivoluzione. Qualcuno ha poi detto che il mondo si divide in coloro che considerano Waterloo come una vittoria e in coloro che la considerano come una sconfitta quel giorno, alle porte di Gand, voi siete entrato per sempre tra coloro che la considerano una sconfitta. In quel solo punto, in quel solo momento, voi avete rovesciato tutta la vostra vita nell’errore… signor di Chateaubriand, sono mancato molto alla vostra vita. E voi alla mia. Ma basta quella pagina, quella confessione la più grande e spietata che sia mai stata scritta. Mi compensa del fatto di non essere stato scrittore né Alessandro né Cesare ne hanno fatta scrivere una simile. Del resto, se fossi stato scrittore, non sarei riuscito a scrivere come voi. Avrei scritto, credo, come quell’altro quel console di Francia che amava le cronache italiane quanto io quelle corse. E avrei voluto, invece, scrivere come voi… ma che importa? Voi avete espresso un duro giudizio sui miei scritti, ma avete concluso che anche se mancavo di educazione e ignoravo le regole fondamentali del francese, i miei bollettini avevano l’eloquenza della vittoria e davano la parola d’ordine all’universo… Per metà straniero avete detto. E lo ero. Ma anche se per metà straniero alla Francia, non lo ero alla rivoluzione. Questo è il punto.

 

GIOVANE Sì, è proprio questo il punto la rivoluzione. l signor di Chateaubriand leggeva i Commentari di Cesare ascoltando i rumori della battaglia di Waterloo e nel momento in cui, di fatto vincitore, stava per entrare invece tra gli sconfitti, voi avete parlato di Alessandro e di Cesare… Ecco il cesarismo… Non vi pare che nel momento in cui il cesarismo appare - o riappare - la rivoluzione sia bella e finita?

 

NAPOLEONE Di cesarismo io non riesco a vedere che quello di Cesare. Ma posso rispondervi con parole che sono state scritte più di un secolo dopo, anche se quel che più di un secolo dopo è accaduto dovrebbe portare chi le ha scritte, e voi che lo amate… O non lo amate più?… Dovrebbe portarvi a una diversa visione delle cose. E’ un testo che dovrebbe esservi noto.

 

GIOVANE Di chi è?

 

NAPOLEONE Non velo dico. Vi do soltanto l’avvio per indovinarlo a mia impressione se si fosse trovato alle porte di Budapest come il signor di Chateaubriand alle porte di Gand…

 

GIOVANE Quando?

 

NAPOLEONE (A Chateaubriand) Mi chiede quando… Non ai tempi di Eugenio di Savoia, si capisce… Se si fosse trovato nei pressi di Budapest mentre vi rumoreggiava la battaglia, come il signor di Chateaubriand avrebbe a quel punto rovesciato le sue convenzioni, la sua vita…

 

CHATEAUBRIAND Non ne sarei così sicuro.

 

NAPOLEONE Vi pare troppo presto, a Budapest? Possiamo spostarci a Varsavia…

 

CHATEAUBRIAND Non vi spostate e, soprattutto, non lo spostate.

 

GIOVANE Ma che gioco è questo? Parlate di luoghi e di tempi?

 

NAPOLEONE La conoscenza consente delle abbreviazioni parliamo di luoghi che sono tempi. Ma lasciamo andare. Ecco il testo che presumo vi sia noto.

 

CHATEAUBRIAND Che presumete non gli sia noto.

 

NAPOLEONE Siete malizioso. Eccolo “Si può dire che il cesarismo o bonapartismo esprime una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico, cioè si equilibrano in modo che la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca.
Quando la forza progressiva A lotta con la forza regressiva B, può avvenire non solo che A vinca B o B vinca A, può avvenire anche che non vinca né A né B, ma si svenino reciprocamente e una terza forza C intervenga dall’esterno assoggettando ciò che resta di A e di B…”.

 

GIOVANE Gramsci! Ma ha ragione il signor di Chateaubriand non lo spostate.

 

NAPOLEONE E’ appunto non spostandolo che veramente lo si sposta. Comunque, se volete, tenetelo fermo. Io non sposto nemmeno una virgola, citandolo. E dunque “Nell’Italia dopo la morte di Lorenzo il Magnifico è appunto successo questo, come era successo nel mondo antico con le invasioni barbariche. Ma il cesarismo, se esprime sempre la soluzione arbitrale, affidata a una grande personalità, di una situazione storico-politica, di un equilibrio delle forze a tendenza catastrofica, non ha sempre lo stesso significato storico. Ci può essere un cesarismo progressivo e un cesarismo regressivo, e il significato esatto di ogni forma di cesarismo, in ultima analisi, può essere ricostruito dalla storia concreta e non da uno schema sociologico. E’ progressivo il cesarismo quando il suo intervento aiuta la forza progressiva a trionfare, sia pure con certi compromessi limitativi della vittoria; è regressivo quando il suo intervento aiuta a trionfare la forza regressiva, anche in questo caso con certi compromessi e limitazioni, che però hanno un valore, una portata e un significato diversi che nel caso precedente…”.

 

CHATEAUBRIAND “Ei fe’ silenzio ed arbitro si assise in mezzo a lor…” capisco che vi vada a genio, il testo di Gramsci. E il “fe’ silenzio” è da intendere che voi avete operato senza rendere conto a nessuno, ma al silenzio avete costretto tutti gli altri. Questo è il punto che mi ha diviso e mi divide da voi. Al giovane) Voi che ne pensate?

 

GIOVANE Bisogna distinguere se, per così dire, l’arbitraggio è progressivo…

 

CHATEAUBRIAND Ma questo lo si sa dopo. Intanto, la sofferenza, il silenzio…

 

GIOVANE L’azione, il fare…

 

CHATEAUBRIAND Senza conoscere il fine, senza sapere che cosa si sta edificando.

 

GIOVANE Non è vero, si sa anche senza sapere…

 

NAPOLEONE Giusto. Ma non deviamo il discorso. E non è vero, caro visconte, che il testo che sto citando mi vada a genio. Vengo anzi al punto che non mi va a genio per nulla “Cesare e Napoleone I sono esempi di cesarismo progressivo. Napoleone III (e anche Bismarck) di cesarismo regressivo. Si tratta di vedere se nella dialettica “rivoluzione-restaurazione” è l’elemento rivoluzione o quello restaurazione che prevale, poiché è certo che nel movimento storico non si torna mai indietro…”. Ma qui voglio dire che si può ammettere come vero che nel movimento della storia non si torna mai indietro. Non si torna mai indietro, d’accordo; ma sarebbe da aggiungere purtroppo! Poiché c’è qualcosa di peggio del non tornare indietro ed è    l’andare avanti senza scorgere fossati, pozzi e mura. Da me a voi (al giovane) il movimento storico non ha fatto che cascarvi o sbattervi. E grazie, soprattutto, al cesarismo progressivo… Non mi va, dunque, il “cesarismo o bonapartismo”. O si parla di cesarismo o si parla di bonapartismo; o si parla di mussolinismo, se si vuole, come il nostro voleva, parlare di un prevalere dell’elemento restaurazione e darne un esempio. Parlare indifferentemente di cesarismo e di bonapartismo o, sull’altro versante, di bonapartismo piccolo (mi soccorre Victor Hugo ad aggettivarlo) o di mussolinismo, non mi pare corretto. Va bene, dunque, il cesarismo di Cesare, e il bonapartismo di Bonaparte. Non ce ne sono altri, non ce ne possono essere altri. E il gioco di farmi nascere prima o dopo, o di non farmi nascere addirittura, ha questo di sensato e di istruttivo che degli elementi imponderabili si sono imponderabilmente incrociati alla mia vita, al mio destino, diventando destino di un popolo, di più popoli irripetibilmente…

 

GIOVANE “Democrito che il mondo a caso pone” e voi ponete a caso anche la storia.

 

NAPOLEONE Mi rallegro che abbiate citato Dante; e spero che il merito non sia soltanto di Carmelo Bene che ve lo legge… Comunque sì, appunto un caso, irripetibile, unico… Bisogna che ne prendiate conoscenza e coscienza la storia non ha leggi, regole, rapporti di causa ed effetto.
Ogni teoria o ideologia che si può cavare dal passato serve soltanto a capire quel passato, non a prevedere l’avvenire e a prepararvisi. Lo storico si affanna a scoprirli i rapporti di causa ed effetto; lo storicismo vi si illude e vi si avvolge. Ma nulla nella storia somiglia alla natura nei suoi cicli, nelle sue stagioni, nelle sue ore di tenebra e di luce. Si può assomigliare, la storia, forse, alle imprevedibili e atroci zampate che la natura sa dare ai terremoti, ai cicloni; e dico forse. Ma soprattutto si può assomigliare alla natura umana che la produce contraddittoria, vacillante, vana più spesso che concreta, pronta ad accendersi di passione ma ancora più pronta a spegnersi nell’egoismo, ad addentare una qualsiasi offa, nutrendosene o avvelenandosene… La storia! L’idea, il concetto, la nozione che voi avete della storia risiedono soltanto nella rivoluzione che io ho portato avanti. C’è stata la rivoluzione e ci sono stato io nessun’altra coincidenza, nessun altro caso è paragonabile a questo. Non era mai accaduto e non accadrà mai più… Guardate a tutte le piccole e grandi rivoluzioni - a tutti quei piccoli o grandi eventi cui date nome di rivoluzione - che sono avvenute dopo la mia…

 

GIOVANE Non era la vostra era del popolo, delle masse.

 

NAPOLEONE Non parlate di masse. A meno che, i n fatto di masse, non vogliate rimettervi a Hitler e Mussolini come maestri…

 

GIOVANE Sono stati vostri allievi.

 

NAPOLEONE Eh no! A parte quel che io ne penso, state dimenticando che io, per voi, rappresento il cesarismo progressivo. O volete passarmi al regressivo?

 

CHATEAUBRIAND Equamente vi metterei tra i buoni e tra i cattivi.

 

NAPOLEONE Nella vostra equità. Ma la vostra equità a lui non serve. Credo anzi che la disprezzi. L’ho disprezzata anch’io, in nome della rivoluzione.

 

CHATEAUBRIAND Dunque siete d’accordo.

 

NAPOLEONE Con la piccola differenza che lui è un rivoluzionario senza rivoluzione.

 

GIOVANE La rivoluzione c’è.

 

NAPOLEONE C’è?

 

GIOVANE Ci sarà, non può non avvenire.

 

NAPOLEONE Come dopo la notte viene il giorno. Ci risiamo le cause, gli effetti; le masse che non sbagliano… La sola parola “massa” mi dà i brividi. Posso, se mai, arrivare a parlare di popolo. Ma preferisco parlare di esercito, di soldati… Il mio esercito, i miei soldati un popolo fatto di individui, ciascuno col proprio coraggio, le proprie ambizioni, il proprio equilibrio tra coscienza e obbedienza, la propria volontà di dominarsi e di dominare, le proprie ferite…

 

CHATEAUBRIAND La propria morte… Venticinquemila morti a Waterloo e soltanto nel vostro esercito.

 

NAPOLEONE Che in quel momento era anche il vostro, non dimenticatelo… Venticinquemila morti credete che non me ne ricordi, che non mi pesino? Ma i terremoti di Lisbona e di Messina hanno fatto più vittime e senza spostare di un solo passo in avanti la condizione umana… Ma badate bene ho parlato del mio esercito, dei miei soldati. E debbo confessare che proprio a Waterloo ho sentito che non era più la stessa cosa, che l’esercito che comandavo non era più l’esercito della rivoluzione e il mio, che quei soldati non erano più della rivoluzione e miei, anche se per mia volontà stavano affrontando la morte.

 

GIOVANE La rivoluzione era già da un pezzo finita.

 

NAPOLEONE Ma con l’ultima mia vittoria. Le sconfitte che seguirono erano mie, non della rivoluzione… Sì, i morti di Waterloo mi pesano.

 

CHATEAUBRIAND Soltanto quelli?

 

GIOVANE Ma a parte Waterloo, voi insomma legittimate ogni vostra azione e vi assolvete di tutto in nome della rivoluzione.

 

NAPOLEONE Di quel caso unico e irripetibile che è stata la rivoluzione che io mi sono trovato a difendere, a garantire, a portare avanti.

 

GIOVANE Unico e irripetibile, in definitiva, perché unico e irripetibile è stato Napoleone Bonaparte.

 

NAPOLEONE Provate anche voi ad immaginare quel che sarebbe stato se io non fossi mai nato.

 

GIOVANE Un simile gioco per me è assurdo. E questo assurdo - lasciando da canto Pascal e il naso di Cleopatra - siete stato voi, in effetti, a proporlo al mondo e perché avete fatto della vostra vita quel che nessuno fino allora aveva osato fare e che nessuno poi è riuscito a fare così pienamente… “Fare della propria vita il proprio capolavoro” sapete di chi è questa frase? Di un bonapartista regressivo e non ce l’ha fatta…E perché voi stesso, come milioni di persone che vi hanno amato e odiato al tempo stesso, che da vicino o da lontano vi hanno ammirato, vi siete posto il problema del non esserci, sulla scena del mondo; di quel che il mondo sarebbe stato senza di voi. E soltanto voi siete arrivato a rispondervi nettamente, drasticamente, che meglio per il mondo sarebbe stato se non foste mai nato.

 

NAPOLEONE E’ stato un momento, un particolare stato d’animo.

 

GIOVANE Sarà stato un momento, ma non era uno stato d’animo era un pensiero.

 

NAPOLEONE Vedo che vi siete preparato ai quiz napoleonici ormai le blandizie della televisione valgono più di quanto un tempo valeva la dura scuola… Tirate dunque fuori la frase, il tempo, il luogo, la persona cui l’ho detta.

 

GIOVANE Voi sapete bene dove, quando e a chi l’avete detta. Non vedo ci sia ragione di prendermi in giro, se lo so anch’io.

 

NAPOLEONE I telespettatori, mio caro, i telespettatori avete dimenticato che siamo qui per loro e che loro amano questi giochi?

 

GIOVANE Va bene… A Ermenoville, passeggiando con Girardin. Non so la data, ma eravate comunque molto giovane. E avevate detto “Sarebbe stato meglio se Rousseau e io non fossimo mai nati”.

NAPOLEONE Citazione imprecisa, molto imprecisa. La frase è un po’ più lunga e dubitativa. L’avete accorciata e stravolta a vostro beneficio. Ho detto “L’avvenire dirà se non sarebbe stato meglio, per la pace della terra, che né Rousseau né io fossimo mai esistiti”. L’avvenire siete voi perché volete sottrarvi al giudizio? Avanti, dunque sarebbe stato meglio se io e Rousseau non fossimo mai nati?

 

GIOVANE Non voglio sottrarmi voi siete qui per essere intervistato, non io. E la mia curiosità, come credo quella di tutti, è di sapere come questa verità vi è balenata, come questo pensiero, questa apprensione è maturata in voi…

 

NAPOLEONE Potrei rispondervi con due battute di uguale sostanza ma di diversa forma “Perché presentivo che sarebbero nati Marx e Freud”; “Perché non sapevo che sarebbero nati Marx e Freud”. Attaccatevi a quella che vi rende di più.

 

GIOVANE Ma quale è la vera?

 

NAPOLEONE Tutte e due o nessuna delle due riferita al momento in cui ho detto quella frase. Importante è che la sostanza ne sia vera ora, per voi.

 

GIOVANE No, non è vera.

 

NAPOLEONE Non è ancora vera?

 

GIOVANE Non è vera.

 

NAPOLEONE Capisco. Ma lo sarà… Torniamo, comunque, a Rousseau e a me. A vostro giudizio, sarebbe stato meglio se non fossimo mai nati?

 

GIOVANE Ma siete nati, ci siete stati… E però stando al gioco e considerando, come voi avete precisato, la pace del mondo, direi che si sarebbe stati meglio senza di voi, ma non senza Rousseau.

 

NAPOLEONE E siamo a un altro gioco quello della torre. Buttate giù me, e vi tenete Rousseau. Ma non potete. Rousseau l’avrei buttato giù io, tenendomi Voltaire. Ma non ho potuto. E se io non ho potuto buttar giù Rousseau, come potete voi buttar giù me senza buttare anche Rousseau?

 

CHATEAUBRIAND Senza Rousseau…

 

NAPOLEONE Lo so. Ma lasciatemelo vagheggiare, un mondo senza Rousseau.

 

CHATEAUBRIAND Cioè senza di voi.

 

NAPOLEONE Anche senza di me, senza la rivoluzione, senza le vittorie, senza la gloria, senza le Vite di Plutarco e senza le vostre Memorie d’oltretomba, senza…

 

CHATEAUBRIAND Siete impazzito.

 

NAPOLEONE Lasciatemi impazzire della mia pazzia di fronte alla pazzia del mondo. Voi lo dovreste sapere quanto è triste la grandezza… Ecco, esco dalle pagine dei memoriali, di quelli veri e di quelli apocrifi; dalle pagine di Costant, da quelle della signora de Stael, dalle vostre, da quelle del console Beyle e da quelle di Tolstoj… Non sono nato il 15 agosto del 1769; ma ancor meno mi piacerebbe essere nato vent’anni prima o vent’anni dopo Non sono mai esistito, ecco tutto. Del resto, il signor Pérès, bibliotecario di Agen, ne era certo già nel 1827… E fate attenzione se a sei anni da quella che vien data come data della mia morte, c’è un uomo di severi studi e di non corta memoria, un bibliotecario, che certifica la mia non-esistenza, non credo sia possibile dubitarne… Non sono mai esistito… (Al presentatore) Volete essere così gentile da leggere ai signori qualche pagina dell’opuscolo del signor Pérès?

 

PRESENTATORE “Napoleone Bonaparte, sul quale tanto si è detto e scritto, non è mai esistito. E’ solo un personaggio allegorico. E’ la personificazione del sole. E la prova della nostra affermazione sarà raggiunta dimostrando come tutto ciò che si è detto su Napoleone il Grande è derivato dal Grande Astro. Esaminiamo quindi sommariamente quello che ci dicono di quest’uomo meraviglioso. Ci dicono che si chiamava Napoleone Bonaparte; che era nato in un’isola del Mediterraneo; che sua madre si chiamava Letizia; che aveva tre sorelle e quattro fratelli, tre dei quali diventarono re; che ebbe due mogli, una delle quali gli dette un figlio; che mise fine a una grande rivoluzione…”

 

NAPOLEONE Fermatevi. E’ un punto che va corretto “Che portò avanti una grande rivoluzione”.

 

GIOVANE Ci avete ripensato? Volete rientrare nell’esistenza?

 

CHATEAUBRIAND Non ne è mai uscito. Non vi accorgete che ha scelto la sua esistenza migliore, che è poi la peggiore?

 

NAPOLEONE Non per me, l’ho scelta. E nemmeno per voi, signor di Chateaubriand. L’ho scelta (al giovane, ai telespettatori) per voi, per voi che qualche mese addietro, su questo stesso schermo in cui mi vedete, vi siete goduta la guerra delle Malvine o Falkland che si voglia dire, che in pantofole o in poltrona, o a tavola davanti a un piatto fumante, vi siete goduto il napoleonismo da quattro soldi della signora Thatcher e del generale Galtieri, dell’ammiraglio inglese che parlava di una passeggiata militare e del generale argentino che si proponeva di resistere fino all’ultimo uomo…

 

PRESENTATORE Debbo continuare a leggere?

 

NAPOLEONE Ma sì, continuate.

 

PRESENTATORE “Che aveva sotto di sé sedici marescialli imperiali, dodici dei quali in attività di servizio; che trionfò nel Mezzogiorno e fu sconfitto a Nord; che infine, dopo un regno durato dodici anni, iniziato al suo arrivo dall’Oriente, sparì nei mari dell’Occidente.
Rimane dunque da vedere se queste varie particolarità sono riferibili al sole e noi speriamo che chiunque leggerà queste pagine ne sarà convinto. Innanzi tutto, è universalmente noto che il sole è chiamato dai poeti Apollon; ora la differenza tra Apollon e Napoléon non è grande e apparirà anzi minore risalendo al significato dei nomi e alla loro origine.
E’ risaputo che la parola “Apollon” significa sterminatore…” (Su quest’ultima frase il volume della voce si va affievolendo; e vi si intrama, lontana ormai, la voce di Napoleone.)

 

NAPOLEONE Continuate a leggere, continuate…