8.30 appuntamento in ospedale
Vi è mai capitato di scattare una foto per puro caso? Di catturare l'istante esattamente come si
presenta senza sporcare la realtà col filtro dell'obiettivo, senza cercare di influenzarne il
contenuto ma cogliendone l'attimo esattamente come è e non come dovrebbe essere, e poi
pensare “ cazzo che bella foto!, perfetta nella sua casualità e spontaneità”?.
Ecco identica sensazione ho provato leggendo un capitolo di uno dei pochi libri non brillanti di
Bukowski, uno degli ultimi, quel “Panino al prosciutto” del 1982 scritto pochi anni prima della
sua morte. Un romanzo di formazione alla Salinger o alla Fante, che ha nei capitoli centrali una
perfezione tra stile e lessico, tra forma e sostanza, perdendosi verso la fine e non accattivando
all'inizio, ma entusiasmando ed esaltando mentre descrive di una turbinosa adolescenza vissuta
facendo lo slalom tra acne, professori, masturbazione e biblioteche. Il brano che troverete giù
narra dell'attesa per una visita medica che Henry Chinaski, l'alter ego delle scrittore americano
(si tratta di un romanzo autobiografico), decide di “affrontare” per poter debellare un problema
di acne che lo perseguita da diversi anni. La descrizione è talmente reale che chiunque può
immediatamente riandare con la memoria alla sua visita medica in quelle brutte sale d'attesa in
uno dei tanti impersonali ambulatori ospedalieri con dottori nascosti chissà dove e chissà per
quanto tempo.
Una scrittura che assomiglia sempre più a uno scatto fatto con una vecchia reflex in bianco e nero
da conservare o da appendere per rivedere ogni volta che se ne ha voglia, e nel nostro caso per
rileggere rileggere rileggere all'infinito toccando con un dito il paradiso della parola.

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