Mercoledì 15
luglio 2009, ore 18,30, presso le Officine Cantelmo, in Viale De Pietro, a
LECCE
La Glocal Editrice e la Libreria Palmieri
presentano il libro di Lino DE MATTEIS
IL GIALLO DI UGENTO
L'omicidio di un uomo scomodo, Giuseppe
Basile
La sfida all'omertà di un prete, don Stefano
Rocca
Ne discuteranno con l'autore:
Marcello STRAZZERI, docente di Sociologia del Crimine all'Università
del Salento
Stefano CRISTANTE, docente di Sociologia della Comunicazione
all'Università del Salento
Marcello PETRELLI, avvocato penalista del Foro di
Lecce
Coordinerà la professoressa Santa DE SIENA
Previsti i saluti del parroco di Ugento, don Stefano
ROCCA
Durante la serata verrano proiettate le immagini del delitto,
dei funerali e delle manifestazioni per Peppino
Basile
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L'assassinio di un uomo scomodo,
Giuseppe Basile
La sfida all'omertà di un prete,
don Stefano Rocca
di Lino DE MATTEIS
Prefazione di Pino
ARLACCHI
IL
LIBRO. Sconvolto dall’omicidio di un suo uomo politico, un
piccolo centro del Mezzogiorno ha perduto la pace, vive nel terrore delle
intimidazioni e degli attentati, con il parroco minacciato di morte per aver
sfidato l’omertà. Solo la verità sull’assassinio potrà ridare serenità ad una
comunità sprofondata nell’angoscia della paura e dei sospetti. L’incertezza
delle indagini, che, dopo un anno, ancora non hanno imboccato una strada
precisa, accresce il senso di afflizione e di impotenza dei cittadini, che si
sentono in balia del “Sistema”, di quel potere criminale occulto che,
indipendentemente dal movente dell’omicidio, ha mostrato di voler controllare il
territorio, imporre la propria volontà e imbavagliare chi chiede giustizia e
verità. «In Sicilia si chiama Mafia, in Campania si chiama Camorra, qua non c’è
più la Sacra corona unità, c’è il Sistema», diceva Peppino Basile, consigliere
comunale e provinciale dell’Italia dei valori, prima di essere massacrato a
coltellate una notte del giugno 2008 a Ugento, nel Capo di
Leuca.
L'IPOTESI DELL'AUTORE.
«Quella notte di metà giugno 2008, Basile non doveva essere ucciso»,
ipotizza l’autore del libro “Il giallo di Ugento” (Glocal Editrice), il
giornalista Lino De
Matteis. «Forse, doveva solo essere
intimorito, magari con una minaccia più determinata e convincente di quelle
subite in precedenza, con un crescendo di macabri messaggi da quando era
diventato consigliere comunale e provinciale dell’Idv. La sua elezione, infatti,
aveva cambiato, e non di poco, la situazione. Fino ad allora Peppino Basile era
stato considerato quasi una sorta di “scemo del villaggio”, un cafone
semianalfabeta con la mania della politica e della difesa dei poveri e degli
oppressi…». Basile – secondo l’autore, dunque – sarebbe rimasto vittima di una
intimidazione degenerata in scontro violento e conclusa con il suo assassinio e
«il movente potrebbe non risiedere in un fatto specifico, bensì nella capacità
di Basile di dare complessivamente fastidio, di intralciare politicamente piani
e progetti di affari. Il movente potrebbe risiedere, quindi, nella volontà del
Sistema di zittire un oppositore scomodo, che aveva già dimostrato di poter
interferire nei suoi propositi di gestione del territorio e che, forse, si
apprestava a farlo nuovamente...». Un’ipotesi che spiegherebbe le difficoltà
degli inquirenti a trovare un movente specifico e l’anomala modalità del delitto
eseguito con decine di coltellate. «Non può certo essere quella – scrive De
Matteis – la modalità di uccidere qualcuno con premeditazione. Chi ha
l’intenzione di compiere un omicidio lo farebbe nel modo più sbrigativo e veloce
possibile. Chi deve eseguire una condanna a morte userebbe, magari, una pistola,
un colpo secco e via...». Un'ipotesi che troverebbe fondamento anche nel clima
di paura, minacce, intimidazioni violente che ad Ugento si sono manifestate
prima e dopo il suo omicidio, con le minacce di morte al parroco don Stefano
Rocco, anche lui colpevole solo di non voler stare zitto e di non smettere di
chiedere la verità.
IL PARERE DI
ARLACCHI. «Non credo alla pista
passionale. Ci sono pochi dubbi sulla sua matrice politico-criminale», scrive il
sociologo ed esperto internazionale di lotta alla criminalità
Pino Arlacchi nella prefazione al libro di
Lino De Matteis. «Gli inquirenti – continua Arlacchi – avrebbero dovuto
percorrere sin dall’inizio e con grande determinazione questa strada, e non
l’hanno percorsa. Mi occupo di criminalità da trent’anni. Ho collaborato con il
pool antimafia di Palermo, ho collaborato con Chinnici, Falcone, Borsellino,
Caponnetto, e tanti altri investigatori capaci. Ho continuato ad occuparmene per
il resto della mia vita, e ho troppo spesso assistito, sia in Calabria che in
Sicilia, alla parabola delle indagini sui delitti di mafia che iniziano dalla
traccia sbagliata, quella della vita privata della vittima, e terminano, quando
terminano, con la scoperta della matrice politico-mafiosa del delitto». «Nel
caso Basile – sottolinea Arlacchi – ho visto emergere con troppa rapidità
l’ipotesi del movente passionale. E mi è subito venuta in mente la prassi
mafiosa di uccidere un oppositore e di gettare subito discredito sulla vittima,
riducendo la faccenda a storie di corna, gelosie, rivalità e meschinerie locali
che non avevano nulla a che fare con l’impegno civile e con l’attività pubblica
della stessa. Il tutto allo scopo di depistare le indagini, intimidire i
testimoni e far sparire le prove». «Se l’uccisione di Peppino – si chiede ancora
Arlacchi – fosse stata un banale delitto passionale, qualcuno può spiegarmi
perché, dopo il delitto, c’è stata una reazione così intensa alle denunce del
parroco? Perché le minacce alle persone che si sono occupate del caso sono
continuate e continuano? Perché la successione di attentati ed intimidazioni che
continua ad avvelenare la vita pubblica di
Ugento?».
IL GIALLO DI
UGENTO
L'assassinio di un uomo
scomodo, Giuseppe Basile
La sfida all'omertà di un prete,
don Stefano Rocca
Giugno
2009
Lino De Matteis
Pagg.
224
Euro
14,00
ISBN
9788890154850
GLOCAL
EDITRICE