Verità vere e verità
supposte.
Galatina, 01 Settembre
2009 - Diceva il principe Antonio De Curtis in arte il grandissimo Totò : <
Esistono due tipi di verità. Le verità vere e le verità supposte. Ora se
lasciamo da parte le verità vere, le supposte dove le mettiamo?>
.
E’ proprio delle verità
supposte che vorrei parlare anche perché, ahinoi, di verità vere se ne vedono
poche in giro.
Orbene o Ormale, a
secondo dei punti di vista, 11 consiglieri si ritrovano in piena estate a
Palazzo Orsini a mò di scampagnata da ritrovo di componenti del vecchio e
glorioso (il proprio è sempre il vecchio e il più glorioso) 3° C e firmano
compatti le proprie dimissioni facendo cadere la Giunta Antonica.
Non è cosa certamente di
tutti i giorni siffatto coeso cameratismo come non è cosa di tutti i giorni che
qualcuno possa vedere in questo atto qualcosa di privato tanto da essere indotto
a ritenere violazione della propria privacy il fatto che qualcuno abbia ripreso
l’avvenimento e l’abbia pubblicizzato attraverso il suo inserimento su You
Tube.
Capisco come ormai il
clima da Repubblica delle Banane permeato dalla totale insofferenza ad ogni
forma di critica instaurato dal berlusconismo e dai berluscones stia portando a
convinzioni alquanto pericolose per la nostra democrazia in quanto si sta
creando una concezione artefatta del privato ed una confusione opportunistica
tra pubblico e privato.
Siffatta confusione
sta, ad esempio, portando il nostro premier a vedere fantasmi e congiure ovunque
tanto da farlo giungere persino a querelare il giornale “La Repubblica” per il
solo fatto di avergli rivolto 10 domande a cui egli non ha voluto rispondere
oppure a querelare alcuni giornali stranieri come lo spagnolo El Pais ed il
francese Nouvel Obs per presunte diffamazioni nei suoi confronti oppure,
ancora, a giungere ad ordire e poi far pubblicare (altro che far finta di
dissociarsi) sul suo giornale di famiglia “Il Giornale” dal pasdaran Vittorio
Feltri un bieco e meschino attacco all’Avvenire, nella persona di padre Dino
Boffo colpevole, a suo dire, del delitto di lesa maestà per aver fatto notare
al premier che un uomo pubblico, qual è il presidente del Consiglio, deve
rappresentare in ogni momento la sommatoria dei valori di una nazione sia nelle
manifestazioni pubbliche che in quelle private non esistendo per tali uomini
una delimitazione o una differenza marcata tra sfera pubblica e sfera
privata.
Insomma la moglie di
Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto come dicevano i nostri patres
intendendo con ciò che l’uomo pubblico deve essere sempre portatore di virtù e
moralità per non offrire il fianco ad alcun attacco da parte dei nemici della
Res Pubblica.
Il nostro premier, di
quella antica saggezza, ha arraffato purtroppo soltanto la verità supposta,
quella a lui più conveniente e cioè quella che il tutto fosse riferito alla sola
signora Veronica Lario (moglie di Cesare) mentre lui, essendo Cesare, poteva
tranquillamente concedersi tutti gli svaghi e sollazzi di questo mondo e se
qualcuno si fosse permesso di metterci il naso si sarebbe beccato una denuncia
per diffamazione e violazione della privacy.
Torniamo ora, però, ai
fatti di casa nostra che sicuramente saranno stati contagiati da questi
<equivoci> nazionali di interpretazione su cosa debba intendersi per
pubblico e cosa debba intendersi per privato e quale sia il limite che debba
distinguere l’uno dall’altro.
Di sicuro, in ogni caso,
non sarà mai un atto privato la presenza di un consigliere comunale a Palazzo
Orsini che protocolla le proprie dimissioni ed è per questo motivo che non
intendo offendere l’intelligenza dei consiglieri comunali dimissionari neanche
facendomi sfiorare dal solo sospetto che possa essere stato uno di loro a
chiedere a You Tube l’eliminazione del video <perché invasivo della
privacy>.
Sono maggiormente
portato a pensare che il video in oggetto abbia ripreso oltre ai consiglieri ed
insieme ad essi anche qualche soggetto privato che si trovava in quei frangenti
con i consiglieri ed in questo caso avrebbe avuto tutte le ragioni di questo
mondo a chiedere il rispetto della sua privacy non essendo nell’espletamento di
nessun atto di pubblica rilevanza.
Supponiamo per un attimo
che il <privato> fossi io e che quindi avessi poi voluto successivamente
tutelare la mia privacy.
Avrei avuto certamente
tutto il diritto di farlo senza che nessuno me ne potesse fare una colpa ma
resterebbe però inspiegabile e di dubbio gusto l’aver fatto ricorso
all’anonimato per tutelare il mio legittimo diritto ed anche, e principalmente,
il non aver spiegato la casualità del mio essere tra i consiglieri comunali a
Palazzo Orsini in quella circostanza per cui intendevo difendere la mia privacy.
Nel filmato incriminato
ho udito distintamente qualcuno, non so chi, che invitava Dino Valente ad
allontanarsi dalla stanza protocollare dicendogli che non aveva il diritto di
riprendere quanto si stava verificando.
A maggior ragione
chiedo, a chi aveva rivolto quell’invito a Dino Valente come mai si fosse poi
consentito a chi non fosse consigliere comunale di essere presente all’atto di
protocollo delle dimissioni.
A quale titolo? Con
quale diritto?
Questo dovrebbe essere
spiegato perché se questo soggetto avesse avuto a qualsiasi livello il titolo
che gli conferiva il diritto di poter partecipare ai fatti gli verrebbe meno
quello di poter chiedere la tutela della propria privacy mentre tutto lascia
presupporre che egli non avrebbe dovuto o potuto essere lì e ciò spiegherebbe
anche l’anonimato ed il perché della sua richiesta quale tentativo di eliminare
ogni prova della sua presenza in quel contesto che, purtroppo per lui, era stato
registrato e reso pubblico.
Infine due parole
sull’anonimato, su questo tanto vituperato anonimato.
L ’informazione
<virtuale> con i suoi blog, i suoi forum, le sue Com hanno portato molti
alla conoscenza ed all’utilizzo di un <nickname> termine con cui si
definisce uno pseudonimo e dietro al quale si cela l’identità di una persona e
serve per farsi riconoscere sempre da tutti gli altri componenti di quella
comunità virtuale.
Non voglio entrare nel
merito della giustezza o meno, della legittimità o meno, della correttezza o
meno dell’uso di un nickname in quanto sono e resto convinto che il confronto va
fatto tra due o più idee e non tra due o più nomi ed un’idea deve essere valida
solo in quanto lo è tale e non perché viene espressa da Pinco o da
Pallino.
Voglio invece
evidenziare come a turno venga attaccato qualcuno per il suo anonimato quando
questo qualcuno dice qualcosa che non piace poi, però, a turno sembra tornare
comodo e non si ha nulla da ridire quando l’anonimo e un nostro fan e tesse lodi
sperticate per il nostro orticello ed i suoi
prodotti.
Naturalmente peggio di
peggio quando dell’anonimato se ne fa uso, come nello specifico, per portare un
attacco alla democrazia ed alla libertà di informazione.
Pietro Zurico