Taranto e la sua
storia ci insegnano che il nostro paesaggio deve essere tutelato
Nella puntata di mercoledì 27 ottobre 2010 Giulio Golia inviato
del famoso programma le IENE ha realizzato un piccolo servizio su
l’ILVA di
Taranto intervistando anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Al centro della questione le grandi emissioni di diossina che nel
capoluogo
pugliese stanno incrementando le incidenze tumorali, soprattutto tra i
bambini.
Una vera e propria lotta è stata intrapresa dai cittadini tarantini,
regione
Puglia contro l’ILVA di Taranto.
L’ILVA ha di fatto completamente compromesso una città,
non solo da un
punto di vista medico ed economico, ma anche paesaggistico e culturale,
poiché
il grande complesso industriale sorge a ridosso del nucleo cittadino,
diversamente dal Petrolchimico e la
centrale di Cerano a Brindisi.
Pensare che alla fine degli anni Cinquanta , quando si decisero le
strategie industriali per l’Italia e la nascita di nuovi poli al Sud,
la
provincia di Lecce espresse un tenace no alla creazione di complessi
industriali sul proprio territorio, differente invece la risposta di
Brindisi e
Taranto. Una scelta quella leccese che nell’immediato non favorì
assolutamente
l’occupazione, ma che si rivelò vincente quasi 40 anni dopo. E il
perché è
sotto gli occhi di tutti.
Riecheggia ormai come un mondo lontano, la cronaca del
viaggio
intrapreso nel 1789 da
Carlo Ulisse de Salis Marschlins
nell’allora
Regno di Napoli (G. Donno (a cura di), Viaggio
nel Regno di Napoli, I ristampa,
Lecce 1999, pp. 101-103) e che di seguito volentieri riporto:
“Sono arrivato infine nella
vetusta Molle Tarentum, e mi è parso di respirare un’aria più dolce,
come
appena sono arrivato nei dintorni della città. Non so se vi abbia
contribuito
la mia immaginazione esaltata dai ricordi dell’antica Tarentum, così
felice una
volta o così temuta, o se il clima delizioso abbia avuto particolare
influenza
sul mio corpo; è che ho sentito un generale benessere, non appena sono
entrato
nell’antica Phalantus.[…]
La posizione della città di
Taranto è una delle più belle d’Europa. Nel punto dove il mare
Adriatico si
unisce all’Jonio, la penisola d’Italia forma una stretta lingua di
terra i cui
limiti sono formati -ad arrestare ulteriori progressi del despota
invadente –da
una catena di colline in pietra calcare, la quale diramandosi dal
grosso giogo
degli Appennini direttamente verso l’est, forma il promontorio di
Finibus
Terrae, e l’estesissimo golfo di Taranto. […]
Nelle ore pomeridiane
abitualmente passeggiavo lungo la costa orientale del Mar Piccolo, di
cui il
bellissimo bacinoa guisa di uno specchio, misura sedici miglia e mezzo
di
circonferenza, e le cui rive , sinuose e variate da seminati di grano,
da
vigneti, da piantagioni di fichi e di alberi di aranci, presentavano ad
ogni
passo un punto di vista nuovo e interessante”
Leggendo queste parole risulta chiaro il danno
irreversibile che ha
subìto la città di Taranto, un sacrificio enorme che, in nome del
progresso e
di una temporanea ricchezza, i cittadini stanno ancora pagando a caro
prezzo. Stridente
il confronto con la Taranto moderna.Un monito
per le generazioni future e per
chi ha a cuore questo straordinario lembo d’Italia.