Possiamo cominciare a guardare col necessario disincanto gli avvenimenti italiani degli ultimi anni, sebbene la stucchevole telenovela ci stia proponendo, puntata per puntata, sempre la stessa trama monotona da ormai troppo tempo.
Il patriarca, un terribile vecchietto azzimato, non accenna a lasciare la scena, nè pensa di cedere la parte ad un eventuale sostituto. Patetico nelle sue galanterie un po’ volgari con le attricette, nelle sue imbarazzanti cadute di stile in società, gode comunque del favore di buona parte del pubblico nazionale: purtroppo c’è nel nostro carattere una tendenza preoccupante a riservare consensi all’istrione di turno, quello che si affacci da un alto balcone e quello che arringhi la folla plaudente dal predellino di un’auto. Ma anche, e peggio, al ruffiano dal faccione melenso, assiso sul sellino d’una bici da corsa. Insomma, amiamo farci prendere per il naso con rassegnato masochismo.
Bisogna riconoscere comunque all’attuale primo attore un’indubbia presenza di scena, temprata dalle esperienze giovanili di chansonnier da crociera, e consumato mestiere nel condurre una compagnia teatrale dove tutti vogliono essere protagonisti e molti aspirano a sostituire il capocomico, anche non avendone le stesse attitudini. C’è un attor giovane che le sta tentando tutte, pur di oscurarlo. Ha dimostrato non comune disinvoltura quando ha riposto in camerino il vecchio copione sul quale studiava da ragazzo, il cui titolo era “Libro e moschetto balilla perfetto”; e sfrutta ogni occasione pubblica per marcare la differenza di stile col vecchio gaffeur. Aver sacrificato un poco di dignità sull’altare della carriera politica gli ha garantito un futuro luminoso, e l’intesa con le due restanti Alte Cariche dello Stato è già ben collaudata. Si è anche procurato con abilità l’amicizia indispensabile, alle nostre latitudini, coi poteri che contano davvero, finanza ed industria: il ragazzo ci sa fare, senza alcun dubbio. Poi gli giovano le phisique du role e la mancanza di concorrenti di un certo spessore.
Sembrerebbe dunque di assistere ad una commedia nuova, se non fosse una replica aggiornata di quella andata in scena in precedenza, in cartellone fino all’inizio 2008. Perché, Professore ed Amici cari, la pièce di cui siamo spettatori non ha autori italiani, ma viene sempre riscritta a più mani oltreoceano, in puro business english, negli uffici lussuosi di Wall Street. Cambiano lo sfondo e gli attori ma il canovaccio è tristemente uguale. Prevede, questa scrittura teatrale, che si decida a Washington e New York ciò che poi succederà a Roma e Milano, periferia dell’Impero (del male).
Riflettiamoci, non è un caso se il predecessore del vecchietto coi tacchi rialzati abbia fatto carriera nelle onnipotenti merchant banks che amministrano l’economia mondiale e di fatto decidono il destino di popoli e nazioni. Dopo i sedicenti “governi tecnici di emergenza” di ex Governatori della Banca d’Italia, dopo il “governo coi baffetti”, al Paese serviva a tutti i costi un esecutivo amico della finanza, ed il “mite” emiliano era l’uomo giusto al momento giusto. Col realismo del vecchio democristiano moroteo aveva incluso, a mò di legal advisor, un ex magistrato (lo stesso che lo aveva torchiato ai tempi di Mani Pulite) il cui programma politico era ed è un semplice anacoluto, e soprattutto i partiti della sinistra vetero-marxista, foglia di fico per coprire le nefandezze che sarebbero poi venute e propinarle all’elettorato di riferimento: ed infatti non è per caso che sotto quel governo coop amiche, banche, istituzioni finanziarie e multinazionali abbiano registrato i bilanci più floridi della loro storia, proprio quando il Popolo bue stringeva sempre più la cinghia. Chi conosceva il basso profilo del personaggio, si stupì per l’uscita estemporanea del nostro con un quotidiano tedesco, allorquando definì “innocuo folklore” i partiti alleati di governo dell’estrema sinistra. Gesto di sincerità improvvida, del tutto inusuale in quel cinico “professore”. Il quale, pur esperto di spiritismo (avendo con tali singolari mezzi, come raccontò ai magistrati che non batterono ciglio, scoperto la prigione di Moro rapito dalle BR.….) non riuscì a vaticinare il tracollo della sua parte politica alle elezioni successive. O forse non gliene importò più di tanto, avendo già adempiuto felicemente al compito assegnatogli dai suoi danti causa. E cioè spianare la strada alla finanza piratesca interna ed estera, in danno della povera gente: cosa che avviene tuttora pur sotto un altro esecutivo.
Pochi però sono a conoscenza di un fatto lontano nel tempo ed esplicativo delle vicende che andiamo raccontando. Avvenne il 2 giugno 1992, sul panfilo reale inglese “Britannia” alla fonda a Civitavecchia: in breve, lì ed allora si decise il futuro subalterno dell’economia nazionale e dell’Italia stessa. Chi volesse approfondire, apra questa pagina, tra le molte sull’argomento:
www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=5040.
Vi troverà fatti, persone e circostanze sulle quali grava ancora l’imbarazzato omertoso silenzio di tutti i media. Per brevità e carità di Patria, Vi risparmiamo il racconto del vergognoso tradimento consumato sulla nave dei Reali d’Inghilterra da figuri ancora attivi ed in circolazione nella nostra Italia politica ed economica.
Da allora son cambiati gli attori, non la farsa di cui parliamo, che invece ha assunto i toni della tragedia per la collettività nazionale.
Sicché, gentile Professore ed Amici cari, una morale pensiamo di averla trovata e la sottoponiamo con modestia al Vostro giudizio: nella poco dignitosa storia italiana degli ultimi 20 anni, e pure nella cronaca recente, chi volesse trovare una parvenza di bene comune, dovrebbe rivolgersi all’Ufficio Oggetti Smarriti.
Con devozione, Vostro
Pasquino Galatino